sabato 13 ottobre 2007

L'isola dei famosi come il nazismo: ecco Scola che si fa un film!

Le infelici dichiarazioni rilasciate dal noto regista Ettore Scola in quel di Cosenza, nel corso di un intervento agli "Incontri di cinema" del primo Calabria film festival, hanno suscitato più di qualche perplessità. Il paragone tra la più grande tragedia dell'umanità e quella che potrebbe definirsi la più asfissiante piaga che affligge la televisione dei nostri giorni, risulta, come minimo, ardito; se non altro, a mio parere, perchè viziato all'origine, da una affatto trascurabile ed, anzi, abissale, differenza di genere tra i due termini di paragone. Cercare una connessione tra un programma tv, che a dispetto della categoria a cui appartiene, quella dei reality show, racconta di una dimensione fantastica o, per lo meno, ricreata artificialmente, e un periodo storico che oggi e per sempre continuerà a scioccare le coscienze, è oggettivamente inammissibile: è come voler paragonare una barzelletta sui carabinieri ad una tragedia greca. Aristotele si rivolta nella tomba e, penso, avrebbe il suo bel da fare per spiegare in cosa consista l'evidente distinzione, pur ignorando chi siano i carabinieri.
L'unico ponte possibile tra le due compagini, che mi sentirei di giustificare, ferma restando l'irriverenza di fondo, riguarda il numero di vittime in termini di menti che programmi demenziali come L'isola dei famosi e affini continuano a mietere tra gli spettatori, per lo più giovani. Non mi spiego il ricorrente ed enorme successo di questi benedetti reality show e, in tutta sincerità, mi intimorisce l'idea di provare a indagarne le cause scatenanti: non vorrei ritrovarmi a fare i conti con una realtà abitata da gente che si annoia al punto da dover ricorrere ai suddetti mezzi per evadere da una vita priva di stimoli e di valori importanti.
Non sono una moralista e mi affido da quando ho memoria della mia vita al principio del "vivi e lascia vivere": questo perchè sia chiaro che non esprimo giudizi e che, democraticamente, ognuno è libero di guardare i programmi che preferisce.
Alla unica e imprescindibile condizione che ciò non si trasformi in un triste "vivi e lascia morire...il tuo cervello".

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